Non c’è bisogno di credere alle favole

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Non c’è bisogno di credere alle favole

E’ vero spesso nelle favole ci si aspetta il lieto fine per coronare le aspettative del lettore e dargli la soddisfazione di un obiettivo raggiunto, della vittoria della giustizia. Nello sport talvolta, anzi spesso, questo non può accadere e bisogna avere il coraggio di essere superiori alle difficoltà ed evidenziare il buono della singola esperienza. La nostra squadra under 16 era ospite della titolatissima, solo sulle maglie e neanche quello lo sono in realtà, Teodora Portuali in una gara che doveva vederci soccombere senza tanti complimenti ma come detto lo sport è cosa diversa, la differenza non la fa la maglia ma la persona che la indossa. Bisogna premettere che la nostra squadra è ancora un cantiere, spesso stoppato quest’anno da fermi palestra e altro ma che oggi ha dato la più bella dimostrazione di forza e di volontà. Tutti i giocatori in campo hanno dato a modo loro il contributo necessario per scrollarci di dosso, se mai ce ne fosse ancora bisogno, l’immagine del brutto anatroccolo che scende in campo come vittima sacrificale e talvolta oggetto di sfottò solo perchè siamo quello che siamo cioè una squadra di parrocchia che accetta tutti e vuole che tutti possano giocare e divertirsi senza perdere di vista l’impegno e la voglia di vincere. Un primo set con un equilibrio rotto solo da qualche momento di appannamento e dovuto più all’inesperienza perché fin da subito è emersa la nostra eleganza nello stare in campo dove in ogni fondamentale compreso il muro, spesso vincente, ci ponevamo quantomeno sullo stesso piano delle avversarie. Dopo aver perso il primo set c’è stato un ulteriore innalzamento della qualità del nostro gioco e la vittoria per 25-23 ci sta stretta, anche perché le avversarie messe sotto pressione hanno commesso una serie di imprecisioni e falli quasi mai rilevati dal direttore di gara che aveva deciso di utilizzare un metodo all’inglese comprensibile se il livello fosse stato il medesimo ma non in questa occasione dove il nostro palleggiatore ha surclassato quello avversario per stile e precisione. Il terzo set è iniziato con il solito black-out dovuto all’appagamento e alla stanchezza che una volta vinto ci ha permesso di recuperare ma ormai troppo in ritardo per salvare il set. Sul due a uno spazio a forze fresche che riescono a prendere il largo ma ancora una volta qualche concessione alle avversarie ci ricacciano indietro e non ci permettere di tenere testa alle avversarie che una volta vinto la partita hanno esultato con convinzione. Segnale questo che non erano così certe di portare a casa la pelle,  il brutto anatroccolo sta mutando,  magari non diventerà un cigno ma sicuro nelle prossime gare un anatroccolo mannaro sì.

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