Seconda partita per il Redentore A, che conquista altri 2 punti nel campionato d’eccellenza. Anche questa volta, in casa contro le Black Sheep, vediamo in campo una squadra che sembra affetta da sdoppiamento di personalità.
Il primo set parte con uno svantaggio da parte delle nostre, che subiscono i primi punti in ricezione, nel cambio che più ci crea problemi. La situazione è brutta, il morale scende, di fronte ci troviamo un muro altissimo che sembra non poter essere valicato e, anche facendo tutto bene, non riusciamo a chiudere punti in modo efficace, ma soprattutto costante. Il primo time-out ci consente di respirare e raffreddare un po’ gli animi, ma mantenere la concentrazione è dura, considerando che nemmeno il campo ci è favorevole: le nostre avversarie hanno un tifo che farebbe invidia agli ultras, con trombe da stadio che non ci permettono di sentirci l’un l’altra e che ci assordano, distraendoci. Il primo set termina con un guizzo di recupero da parte nostra, ma non è sufficiente e cambiamo campo sull’1-0 per le avversarie.
Il secondo set parte con una lavata di capo: siamo capaci, ce la possiamo fare, che ci prende? La squadra torna unita e risale in campo. Il discorso è servito: meno battute sbagliate, più ordine, costruzione più solida. Arriviamo in vantaggio di molti punti a 23, ne perdiamo qualcuno in un giro di ricezioni e attacchi non a segno che causano scambi lunghi. Siamo a 24, uno dei centrali avversari subisce un infortunio e aspettiamo quasi 5 minuti interi che l’arbitro decida se e come continuare il set. Alla fine, l’allenatore dell’altra squadra fa entrare in campo una ragazza arrivata in quel momento in palestra, appena cambiata. La situazione ci lascia interdette, ma con un ritardo di un paio di minuti chiudiamo il set, vincendolo.
Il terzo set dovrebbe essere quello giusto da vincere per concludere la partita in linea con il risultato del set precedente. Il nostro spiccato bipolarismo, però, fa sì che non possiamo mantenere con costanza una linea di condotta e subiamo. Le avversarie ci infliggono serie di punti in battuta a cui noi rispondiamo con le nostre. Su e giù, come sulle montagne russe, facciamo e disfiamo, fino a vedere la luce, il set è vicino alla fine, 24-21 siamo a un passo dalla chiusura, MA è un attimo. Un lieve dolore alla spalla per Marilena, l’arbitro che non ci concede nemmeno un minuto, l’allenatore costretto a chiamare un time-out che non basta e noi che perdiamo di concentrazione sono gli ingredienti che ci fanno subire quei 5 punti che servivano alle avversarie per vincere il set.
Il quarto set ci vede tornare in campo nere di rabbia, verso di noi, verso le avversarie, verso tutti. Giochiamo in casa ma abbiamo la sensazione di essere in un campo che non conosciamo. Però, forse a causa di tutto questo, la squadra che entra in campo è un altra, scaltra, astuta, ignorante, che passa, macina punti e sputa sulla sua stanchezza. Il vantaggio di una decina di punti ci spedisce facilmente verso la chiusura del set, ma probabilmente non sappiamo fare a prendere al volo le occasioni e tiriamo per le lunghe un set praticamente chiuso. Per fortuna, si vince. Ancora una volta, 2-2, palla al centro.
Non possiamo perdere, per la promessa fatta a Tommaso l’anno scorso, per le compagne che non sono in campo, per chi crede in noi, ma soprattutto perchè è solo colpa nostra se le avversarie hanno vinto due set: con la giusta determinazione, sappiamo di potercela fare. Cominciamo in battuta, maciniamo, ci recuperano. Siamo distrutte, mentalmente e fisicamente, le orecchie rimbombano per le trombe, i fischi, gli urli. Corriamo sul filo del rasoio, cambiamo campo in vantaggio, le avversarie chiedono la formazione talmente spesso da sembrare fatto apposta per distrarci ulteriormente, ma non ci fermano. Siamo in vantaggio. Ci recuperano. 14-12, forse è il punto decisivo, ma l’arbitro non la pensa così. 14-13 time-out, “palla alta in mezzo, giochiamo facile e chiudiamo il punto” sembra il nostro mantra. Anche questa volta funziona.
Una partita molto sentita contro l’ex Jolly Volley, oggi Black Sheep, altra squadra ravennate promossa in Eccellenza dal nostro stesso girone di Promozione dell’anno scorso. Sembra, però, che non bastino fischi, urli e ogni tentativo di distrarci, uniti al nostro autolesionismo per batterci. 20 a fila e +2, ma solo il primo numero è vero indice della nostra forza.