Sabato 18 ottobre: ci aspetta l’insidiosa trasferta di Villanova, una squadra nota ai più per essere ostica, specialmente se affrontata in casa. Si dice che abituarsi a giocare nel loro campo è molto arduo, è stretto e corto, ricorda molto un vecchio tempio del calcio: lo Stamford Bridge. E’ mattina e le grigie nuvole che coprono il cielo promettono tempesta. Accendo la televisione e la pagina del Meteo del Mediavideo mi assicura che oggi pomeriggio pioverà. Sono le dieci di mattina, penso alla possibile tempesta che potrebbe abbattersi sul campo nel pomeriggio, penso che mi mancano due tacchetti nelle scarpe da sei, quindi decido che è arrivata l’ora di procurarmi quei tacchetti. Sicuro come Napoleone a Waterloo mi dirigo verso l’ESP, in quel megastore contenente tanti stores troverò al volo quello di cui necessito. Baldanzoso avanzo verso Giacomelli Sport e chiedo i tacchetti, il commesso mi liquida dispiacendosi molto ma proprio non li hanno, però riesco a strappargli la confessione che davanti alla Comet c’è un negozio più fornito di loro dove li troverò sicuramente. Deluso ma non rassegnato compilo due schede del Superenalotto al tabacchi verso l’uscita e il viaggio in auto verso la Comet è occupato dai miei pensieri che già volano al momento in cui sarò multimilionario: la concentrazione in vista della gara sta già scemando. Per fortuna che a rimettermi nella giusta via è questo simpatico e piccolo negozio dove “hanno tutto” per il perfetto calciatore. Io non sono perfetto perchè in zona gol non ho la freddezza di Raul, però i tacchetti nuovi me li merito, il commesso è d’accordo e me li porge. Finalmente felice e in clima partita decido di mettere giù un boccone e torno dalla cara nonna, dove mi aspettano un piatto di melanzane grigliate e un po’ di formaggio. Prima di uscire e raggiungere il luogo di incontro della squadra, il parcheggio del Redentore, mi carico moralmente con l’ ascolto a tutto volume del “Nuovo Mondo” di Dvorak subendo qualche protesta di mio nonno per il troppo baccano. Ormai sono un fiume in piena e non mi tiene più nessuno, salgo alla Dukes Hazzard sulla mia fiammante Polo e parto a tutto gas, con l’adrenalina che pompa sempre più nel sangue. Arrivato al parcheggio, scendo dalla macchina, saluto veloce a tutti i compagni e via che si parte verso una nuova avventura. La carovana di auto del Redentore viaggia spedita, forse un po’ troppo per la mia fedele ma tranquilla Polo e presto perdo traccia degli altri. Non so in che modo si riesce a giungere a Villanova, però ci siamo. Ora bisogna solo trovare la chiesa che fronteggia il campo da gioco. Compito che si rivela più difficile del previsto: si compie almeno tre volte il giro di Villanova ma della chiesa neanche l’ombra. Il mio compagno di viaggio e co-piltota Gregor avvista una ciminiera in lontananza che potrebbe anche ingannare e sembrare un campanile e mi suggerisce di andare in quella direzione. Io lo ammonisco e lo richiamo al suo ruolo da co-pilota, chiarendogli che se è venuto qui per farmi sbagliare direzione e scambiare ciminiere per campanili la prossima volta può rimanere a casa. Così prendo l’iniziativa io e fermo due baldi giovani che stanno sorseggiando una gigantesca birra al Bar Sport del paese, chiedendogli se mi sanno dare lumi su quale via seguire. Prima di rispondere parlicchiano tra di loro, poi ci consigliano di andare dritti per una decina di chilomeri e chiedere ancora. La mia fidata Polo è già pronta per la nuova sfida quando, presi da un gran rimorso, i giovani ci richiamano e, confidandoci di essere due giocatori del Villanova, ammettono che volevano sviarci per non farci arrivare in tempo alla partita, avendo riconosciuto nelle nostre facce due più che validi avversari. Con la mano tesa verso la ciminiera uno dei ragazzi ci indica che la chiesa è proprio quella che credeva Gregor, così un po’ riluttante ammetto l’errore con il mio co-pilota e finalmente riesco ad arrivare all’ obbiettivo. Quello che mi accoglie è uno spettacolo veramente deprimente: lo Stamford Bridge che aleggiava nella mia testa e nel quale speravo di esprimermi al massimo è invece sostituito dal più brutto, squallido, piccolo, duro, sconnesso campo che abbia mai visto. Il terreno era in peggiori condizioni di quello in cui giochiamo ogni anno a ferragosto il match tra scapoli e ammogliati in un dirupo di Acquapartita, dopo il pranzo (leggero..) da “Il re del fungo”. Manca solo il filo spinato e poi saremmo stati in guerra, circondati da vecchie fabbriche dismesse, campi deserti, profondi fossati. Le panchine a bordo campo ti supplicano di essere demolite, non ci vogliono più stare a guardare tutto quell’orrore. E hanno perfettamente ragione…
Fatto sta che la partita si deve giocare e infatti alle tre di pomeriggio, puntuale, un piccolo arbitrello simpatico fischia con intraprendente spirito l’inizio della contesa: l’avesse mai fatto… In scena si gioca una delle peggiori partite che ricordo da Milan – Celta Vigo di quattro stagioni fa in Champions League, uno zero a zero concordato a tavolino da due mesi senza neppure un tiro sul fondo. La palla rimbalza sempre dove nessuno se lo aspetta, forse è più il tempo in cui nessuno tocca la palla che il resto. La tattica del Villanova è chiara: da vecchie volpi casalinghe sanno come sfruttare la leggera difficoltà che incontrano i nostri delicati piedi a controllare la palla, quindi l’unico gioco possibile è lanciarla il peggio che si può, lasciare che la sfera venga raggiunta da un membro del Redentore che, costretto all’errore da un simpatico rimbalzo, la regalerà agli avversari. Se qualcuno crede che ci sia stata della suspence durante il match, sicuramente si sbaglia. Se qualcuno crede che siamo riusciti anche solo a mettere in fila due passaggi, si sbaglia anche lui. La partita è veramente di un livello infimo, la nostra cattiveria agonistica in campo sembra derivare direttamente dai consigli di Gandhi. Tutto ciò ha portato a un secco e meritato 4-1 per i padroni di casa (per fortuna che è casa loro…) e una tristezza immonda nei nostri cuori per tutto quello che è stata la partita e il tremendo scenario di contorno.
Per la cronaca non ha piovuto per niente ma faceva un caldo incredibile, oltretutto i tacchetti che mi hanno venduto non si infilano nelle mie scarpe da sei.
L’ultimo pensiero va poi a Jacopo Piva, l’unico eroe di giornata. Tutto contento di aver portato al seguito della squadra fidanzata e amici si ritrova scaraventato in tribuna dallo spietato turn-over della squadra. Nonostante questa brutta notizia in questo brutto scenario e questa brutta partita rimane fedele alla squadra e ai compagni fino in fondo. Voto: 9.
Per gli altri una prestazione veramente oscena, voto: 4.